domingo, 19 de dezembro de 2021

 

Voi in tutta la vostra vita mi daste tanti segni pur troppo grandi del vostro affetto : Fate dunque voi, o mio Dio, che in questi altri anni che mi restano di vita, vi faccia conoscere qualche segno dell'amor mio.

Hostiam et oblationem noluisti, corpus autem aptasti mihi.
(Hebr. X, 5).
Considera la grande amarezza da cui dovette sentirsi afflitto e oppresso il Cuore di Gesù bambino nell'utero di Maria, in quel primo istante nel quale gli fu proposta dal Padre tutta la serie de' disprezzi, dolori ed agonie che nella sua vita doveva patire, per liberare gli uomini dalle loro miserie. Mane erigit mihi Dominus aurem; ego autem non contradico; corpus meum dedi percutientibus (Is. L, 4).1 Così parlò Gesù per

- 183 -



bocca del profeta. Mane erigit mihi aurem, cioe dal primo punto di mia concezione il Padre mio mi fe' sentire la sua volontà ch'io menassi una vita di pene, per essere in fine sacrificato sulla croce. Ego autem non contradico; corpus meum dedi percutientibus. Ed io tutto accettai per la vostra salute, o anime, e sin d'allora abbandonai il mio corpo ai flagelli, a' chiodi ed alla morte. - Pondera che quanto patì Gesù Cristo nella sua vita e nella sua Passione, tutto gli fu posto avanti stando nell'utero di sua Madre, ed egli tutto con amore accettò; ma in fare quest'accettazione e in vincere la natural ripugnanza del senso, oh Dio quale angoscia ed oppressione non patì l'innocente Cuore di Gesù! Ben egli intendeva quel che primieramente dovea soffrire in istarsene ristretto per nove mesi in quel carcere oscuro nell'utero di Maria: in patire l'obbrobrio ed i patimenti della nascita, nascendo in una grotta fredda che era stalla di bestie: in doversi poi trattenere trenta anni avvilito in una bottega d'un artigiano: in vedere che doveva essere dagli uomini trattato da ignorante, da schiavo, da seduttore e da reo di morte, e della morte più infame e dolorosa che si dava a' ribaldi. Tutto accettava l'amante nostro Redentore in ogni momento, ma in ogni momento che l'accettava veniva a patire unitamente insieme tutte le pene e gli avvilimenti che poi dovea soffrire sino alla morte. La stessa cognizione della sua dignità divina davagli più a sentire le ingiurie che era per ricevere dagli uomini. Tota die verecundia mea contra me est (Ps. XLIII, 16). Continuamente ebbe innanzi agli occhi il suo rossore, specialmente quella confusione che doveva apportargli un giorno il vedersi spogliato nudo, flagellato, ed appeso a tre uncini di ferro, e così finir la vita in mezzo ai vituperi, ed alle maledizioni di quegli stessi uomini per li quali egli moriva: Factus obediens usque ad mortem, mortem autem crucis (Philipp. II, 8). E perché? per salvare noi miseri ed ingrati peccatori.

ffetti e preghiere.
Amato mio Redentore, e quanto vi costò dalla prima entrata che faceste nel mondo il sollevarmi dalla ruina ch'io m'ho cagionata co' peccati miei! Voi dunque per liberarmi dalla schiavitù del demonio, al quale io stesso peccando volontariamente

- 184 -

mi son venduto, avete accettato di esser trattato come il peggiore di tutti gli schiavi. Ed io poi sapendo ciò, ho avuto l'animo di amareggiare tante volte il vostro amabilissimo Cuore che tanto mi ha amato! Ma giacché voi, che siete innocente e siete il mio Dio, avete per amor mio accettata una vita e una morte così penosa; io accetto per amor vostro, o Gesù mio, ogni pena che mi verrà dalle vostre mani. L'accetto e l'abbraccio, perché mi viene da quelle mani che sono state un giorno trafitte, affin di liberarmi dall'inferno tante volte da me meritato. L'amor vostro, o mio Redentore, in offerirvi a tanto patire per me, troppo mi obbliga ad accettare per voi ogni pena, ogni disprezzo.
Datemi, Signor mio, per li meriti vostri il vostro santo amore: l'amor vostro mi renderà dolci ed amabili tutti i dolori e tutte le ignominie. Io v'amo sopra ogni cosa, v'amo con tutto il cuore, v'amo più di me stesso. Ma voi in tutta la vostra vita mi daste tanti segni pur troppo grandi del vostro affetto; io ingrato per lo passato son vivuto tanti anni nel mondo, e qual segno d'amore sinora vi ho dimostrato? Fate dunque voi, o mio Dio, che in questi altri anni che mi restano di vita, vi faccia conoscere qualche segno dell'amor mio. Non mi fido di venirvi innanzi quando mi avrete da giudicare, cosi povero come ora sono. senz'aver fatto niente per amor vostro. Ma che posso far io senza la vostra grazia? Altro non posso che pregarvi che mi soccorriate, e questa mia preghiera pure è grazia vostra. Gesù mio, soccorretemi per li meriti delle vostre pene e del sangue che avete sparso per me.
Maria santissima, raccomandatemi al vostro Figlio, per l'amore che gli portate. Mirate ch'io sono una di quelle pecorelle per cui il vostro Figlio è morto.


Precedente - Successivo

Figlio mio diletto, l'uomo si arrenderà ad amarmi e ad esser mio, vedendo ch'io gli dono tutto te, mio Unigenito, e che non mi resta più che dargli.




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MEDITAZIONE I.
Dedi te in lucem gentium, ut sis salus mea usque ad extremum terrae (Is. XLIX, 6).
Considera come l'Eterno Padre disse a Gesù bambino nell'istante della sua concezione queste parole: Dedi te in lucem gentium, ut sis salus mea. Figlio, io t'ho dato al mondo per luce e vita delle genti, acciocché procuri loro la salute ch'io stimo tanto come se fosse la salute mia. Bisogna dunque che tutto t'impieghi in beneficio degli uomini. Totus illi datus, totus in suos usus impenderis (S. Bernardo, serm. 3, in Circ.).1 Bisogna però che nascendo tu patisca un'estrema povertà, acciocché l'uomo diventi ricco, ut tua inopia dites.2 Bisogna che sii venduto come schiavo per acquistare all'uomo la libertà; e che come schiavo sii flagellato e crocifisso, per soddisfare alla mia giustizia la pena dall'uomo dovuta; bisogna che dia il sangue e la vita per liberare l'uomo dalla morte eterna. In somma sappi che non sei più tuo, ma sei dell'uomo. Parvulus... natus est nobis, [et] Filius datus est nobis (Is. IX, 6). Cosi, Figlio mio diletto, l'uomo si arrenderà ad amarmi e ad esser mio, vedendo ch'io gli dono tutto te, mio Unigenito, e che non mi resta più che dargli.
Sic... Deus - o amore infinito, degno solamente d'un Dio infinito - sic... Deus dilexit mundum, ut Filium suum unigenitum

- 181 -




daret (Io. III, 16). A questa proposta Gesù bambino non già si attrista, ma se ne compiace, l'accetta con amore ed esulta. Exsultavit ut gigas ad currendam viam (Ps. XVIII, 6). E dal primo punto della sua Incarnazione egli ancora si dona tutto all'uomo ed abbraccia con piacere tutti i dolori e le ignominie che deve soffrire in terra per amore dell'uomo. Questi furono, dice S. Bernardo, i monti e le colline che dovè con tanti stenti passare Gesù Cristo, per salvare gli uomini: Ecce iste venit saliens in montibus, transiliens colles (Cant. II, 8).3 - Pondera qui che il divin Padre mandando il Figlio ad esser nostro Redentore e paciere tra esso e gli uomini, si è obbligato in certo modo a perdonarci ed amarci per ragion del patto di ricevere noi nella sua grazia, posto che 'l Figlio soddisfaccia per noi la sua divina giustizia. All'incontro il divin Verbo, avendo accettata la commissione del Padre, il quale, mandandolo a redimerci, a noi lo donava, egli anche si è obbligato ad amarci, non già per nostro merito, ma per eseguire la pietosa volontà del Padre.

- 181 -


Affetti e preghiere.
Caro mio Gesù, s'è vero - come dice la legge - che colla donazione si acquista il dominio; giacché il vostro Padre vi ha donato a me, voi siete mio; per me siete nato, a me siete stato dato: Parvulus... natus est nobis, [et] Filius datus est nobis. Dunque ben posso dire: Iesus meus et omnia. Giacché voi siete mio, tutte le cose vostre ancora son mie. Me ne assicura il vostro Apostolo: Quomodo non etiam cum illo omnia nobis donavit? (Rom. VIII, 32). Mio è il vostro sangue, miei sono i vostri meriti, mia è la vostra grazia, mio è il vostro paradiso. E se voi siete mio, chi mai potrà togliervi da me? Deum a me tollere nemo potest, così diceva con giubilo S. Antonio abbate.4

- 182 -

Così da oggi avanti voglio andar dicendo ancor io. Solamente per mia colpa io posso perdervi e separarmi da voi; ma io, o Gesù mio, se per lo passato vi ho lasciato e v'ho perduto, ora me ne pento con tutta l'anima, e sto risoluto di perdere la vita e tutto, prima che perdere voi, bene infinito ed unico amore dell'anima mia.
Vi ringrazio, o Eterno Padre, di avermi donato il vostro Figlio; e giacché voi l'avete donato tutto a me, io miserabile mi dono tutto a voi. Per amore di questo medesimo Figlio, voi accettatemi e stringetemi co' lacci d'amore a questo mio Redentore; ma stringetemi tanto ch'io possa ancora dire: Quis me separabit a caritate Christi?5 Qual bene mai del mondo avrà più da separarmi da Gesù Cristo mio? E voi mio Salvatore, se siete tutto mio, sappiate ch'io son tutto vostro. Disponete di me e di tutte le mie cose come vi piace. E come posso negar niente a un Dio che non mi ha negato il sangue e la vita?
Maria, madre mia, custoditemi voi colla vostra protezione. Io non voglio esser più mio, voglio essere tutto del mio Signore. Voi pensate a rendermi fedele; in voi confido.

S. Alfonso Maria de Liguori Meditazioni per li giorni della novena di Natale


S. Alfonso Maria de Liguori
Meditazioni
per li giorni della novena di Natale

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terça-feira, 17 de dezembro de 2019

S. Alfonso Maria de Liguori Meditazioni per li giorni della novena di Natale

Voi in tutta la vostra vita mi daste tanti segni pur troppo grandi del vostro affetto : Fate dunque voi, o mio Dio, che in questi altri anni che mi restano di vita, vi faccia conoscere qualche segno dell'amor mio.

Hostiam et oblationem noluisti, corpus autem aptasti mihi.
(Hebr. X, 5).
Considera la grande amarezza da cui dovette sentirsi afflitto e oppresso il Cuore di Gesù bambino nell'utero di Maria, in quel primo istante nel quale gli fu proposta dal Padre tutta la serie de' disprezzi, dolori ed agonie che nella sua vita doveva patire, per liberare gli uomini dalle loro miserie. Mane erigit mihi Dominus aurem; ego autem non contradico; corpus meum dedi percutientibus (Is. L, 4).1 Così parlò Gesù per

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bocca del profeta. Mane erigit mihi aurem, cioe dal primo punto di mia concezione il Padre mio mi fe' sentire la sua volontà ch'io menassi una vita di pene, per essere in fine sacrificato sulla croce. Ego autem non contradico; corpus meum dedi percutientibus. Ed io tutto accettai per la vostra salute, o anime, e sin d'allora abbandonai il mio corpo ai flagelli, a' chiodi ed alla morte. - Pondera che quanto patì Gesù Cristo nella sua vita e nella sua Passione, tutto gli fu posto avanti stando nell'utero di sua Madre, ed egli tutto con amore accettò; ma in fare quest'accettazione e in vincere la natural ripugnanza del senso, oh Dio quale angoscia ed oppressione non patì l'innocente Cuore di Gesù! Ben egli intendeva quel che primieramente dovea soffrire in istarsene ristretto per nove mesi in quel carcere oscuro nell'utero di Maria: in patire l'obbrobrio ed i patimenti della nascita, nascendo in una grotta fredda che era stalla di bestie: in doversi poi trattenere trenta anni avvilito in una bottega d'un artigiano: in vedere che doveva essere dagli uomini trattato da ignorante, da schiavo, da seduttore e da reo di morte, e della morte più infame e dolorosa che si dava a' ribaldi. Tutto accettava l'amante nostro Redentore in ogni momento, ma in ogni momento che l'accettava veniva a patire unitamente insieme tutte le pene e gli avvilimenti che poi dovea soffrire sino alla morte. La stessa cognizione della sua dignità divina davagli più a sentire le ingiurie che era per ricevere dagli uomini. Tota die verecundia mea contra me est (Ps. XLIII, 16). Continuamente ebbe innanzi agli occhi il suo rossore, specialmente quella confusione che doveva apportargli un giorno il vedersi spogliato nudo, flagellato, ed appeso a tre uncini di ferro, e così finir la vita in mezzo ai vituperi, ed alle maledizioni di quegli stessi uomini per li quali egli moriva: Factus obediens usque ad mortem, mortem autem crucis (Philipp. II, 8). E perché? per salvare noi miseri ed ingrati peccatori.

ffetti e preghiere.
Amato mio Redentore, e quanto vi costò dalla prima entrata che faceste nel mondo il sollevarmi dalla ruina ch'io m'ho cagionata co' peccati miei! Voi dunque per liberarmi dalla schiavitù del demonio, al quale io stesso peccando volontariamente

- 184 -

mi son venduto, avete accettato di esser trattato come il peggiore di tutti gli schiavi. Ed io poi sapendo ciò, ho avuto l'animo di amareggiare tante volte il vostro amabilissimo Cuore che tanto mi ha amato! Ma giacché voi, che siete innocente e siete il mio Dio, avete per amor mio accettata una vita e una morte così penosa; io accetto per amor vostro, o Gesù mio, ogni pena che mi verrà dalle vostre mani. L'accetto e l'abbraccio, perché mi viene da quelle mani che sono state un giorno trafitte, affin di liberarmi dall'inferno tante volte da me meritato. L'amor vostro, o mio Redentore, in offerirvi a tanto patire per me, troppo mi obbliga ad accettare per voi ogni pena, ogni disprezzo.
Datemi, Signor mio, per li meriti vostri il vostro santo amore: l'amor vostro mi renderà dolci ed amabili tutti i dolori e tutte le ignominie. Io v'amo sopra ogni cosa, v'amo con tutto il cuore, v'amo più di me stesso. Ma voi in tutta la vostra vita mi daste tanti segni pur troppo grandi del vostro affetto; io ingrato per lo passato son vivuto tanti anni nel mondo, e qual segno d'amore sinora vi ho dimostrato? Fate dunque voi, o mio Dio, che in questi altri anni che mi restano di vita, vi faccia conoscere qualche segno dell'amor mio. Non mi fido di venirvi innanzi quando mi avrete da giudicare, cosi povero come ora sono. senz'aver fatto niente per amor vostro. Ma che posso far io senza la vostra grazia? Altro non posso che pregarvi che mi soccorriate, e questa mia preghiera pure è grazia vostra. Gesù mio, soccorretemi per li meriti delle vostre pene e del sangue che avete sparso per me.
Maria santissima, raccomandatemi al vostro Figlio, per l'amore che gli portate. Mirate ch'io sono una di quelle pecorelle per cui il vostro Figlio è morto.


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Figlio mio diletto, l'uomo si arrenderà ad amarmi e ad esser mio, vedendo ch'io gli dono tutto te, mio Unigenito, e che non mi resta più che dargli.


Il libro del Natale del Bambino Gesù

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Meditazioni per li giorni della novena di Natale


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MEDITAZIONE I.
Dedi te in lucem gentium, ut sis salus mea usque ad extremum terrae (Is. XLIX, 6).
Considera come l'Eterno Padre disse a Gesù bambino nell'istante della sua concezione queste parole: Dedi te in lucem gentium, ut sis salus mea. Figlio, io t'ho dato al mondo per luce e vita delle genti, acciocché procuri loro la salute ch'io stimo tanto come se fosse la salute mia. Bisogna dunque che tutto t'impieghi in beneficio degli uomini. Totus illi datus, totus in suos usus impenderis (S. Bernardo, serm. 3, in Circ.).1 Bisogna però che nascendo tu patisca un'estrema povertà, acciocché l'uomo diventi ricco, ut tua inopia dites.2 Bisogna che sii venduto come schiavo per acquistare all'uomo la libertà; e che come schiavo sii flagellato e crocifisso, per soddisfare alla mia giustizia la pena dall'uomo dovuta; bisogna che dia il sangue e la vita per liberare l'uomo dalla morte eterna. In somma sappi che non sei più tuo, ma sei dell'uomo. Parvulus... natus est nobis, [et] Filius datus est nobis (Is. IX, 6). Cosi, Figlio mio diletto, l'uomo si arrenderà ad amarmi e ad esser mio, vedendo ch'io gli dono tutto te, mio Unigenito, e che non mi resta più che dargli.
Sic... Deus - o amore infinito, degno solamente d'un Dio infinito - sic... Deus dilexit mundum, ut Filium suum unigenitum

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daret (Io. III, 16). A questa proposta Gesù bambino non già si attrista, ma se ne compiace, l'accetta con amore ed esulta. Exsultavit ut gigas ad currendam viam (Ps. XVIII, 6). E dal primo punto della sua Incarnazione egli ancora si dona tutto all'uomo ed abbraccia con piacere tutti i dolori e le ignominie che deve soffrire in terra per amore dell'uomo. Questi furono, dice S. Bernardo, i monti e le colline che dovè con tanti stenti passare Gesù Cristo, per salvare gli uomini: Ecce iste venit saliens in montibus, transiliens colles (Cant. II, 8).3 - Pondera qui che il divin Padre mandando il Figlio ad esser nostro Redentore e paciere tra esso e gli uomini, si è obbligato in certo modo a perdonarci ed amarci per ragion del patto di ricevere noi nella sua grazia, posto che 'l Figlio soddisfaccia per noi la sua divina giustizia. All'incontro il divin Verbo, avendo accettata la commissione del Padre, il quale, mandandolo a redimerci, a noi lo donava, egli anche si è obbligato ad amarci, non già per nostro merito, ma per eseguire la pietosa volontà del Padre.

- 181 -


Affetti e preghiere.
Caro mio Gesù, s'è vero - come dice la legge - che colla donazione si acquista il dominio; giacché il vostro Padre vi ha donato a me, voi siete mio; per me siete nato, a me siete stato dato: Parvulus... natus est nobis, [et] Filius datus est nobis. Dunque ben posso dire: Iesus meus et omnia. Giacché voi siete mio, tutte le cose vostre ancora son mie. Me ne assicura il vostro Apostolo: Quomodo non etiam cum illo omnia nobis donavit? (Rom. VIII, 32). Mio è il vostro sangue, miei sono i vostri meriti, mia è la vostra grazia, mio è il vostro paradiso. E se voi siete mio, chi mai potrà togliervi da me? Deum a me tollere nemo potest, così diceva con giubilo S. Antonio abbate.4

- 182 -

Così da oggi avanti voglio andar dicendo ancor io. Solamente per mia colpa io posso perdervi e separarmi da voi; ma io, o Gesù mio, se per lo passato vi ho lasciato e v'ho perduto, ora me ne pento con tutta l'anima, e sto risoluto di perdere la vita e tutto, prima che perdere voi, bene infinito ed unico amore dell'anima mia.
Vi ringrazio, o Eterno Padre, di avermi donato il vostro Figlio; e giacché voi l'avete donato tutto a me, io miserabile mi dono tutto a voi. Per amore di questo medesimo Figlio, voi accettatemi e stringetemi co' lacci d'amore a questo mio Redentore; ma stringetemi tanto ch'io possa ancora dire: Quis me separabit a caritate Christi?5 Qual bene mai del mondo avrà più da separarmi da Gesù Cristo mio? E voi mio Salvatore, se siete tutto mio, sappiate ch'io son tutto vostro. Disponete di me e di tutte le mie cose come vi piace. E come posso negar niente a un Dio che non mi ha negato il sangue e la vita?
Maria, madre mia, custoditemi voi colla vostra protezione. Io non voglio esser più mio, voglio essere tutto del mio Signore. Voi pensate a rendermi fedele; in voi confido.

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quinta-feira, 17 de dezembro de 2015

MEDITAZIONE I : "Figlio, io t'ho dato al mondo per luce e vita delle genti, acciocché procuri loro la salute ch'io stimo tanto come se fosse la salute mia."

Meditazioni per li giorni della novena di Natale


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MEDITAZIONE I.
Dedi te in lucem gentium, ut sis salus mea usque ad extremum terrae (Is. XLIX, 6).
Considera come l'Eterno Padre disse a Gesù bambino nell'istante della sua concezione queste parole: Dedi te in lucem gentium, ut sis salus mea. Figlio, io t'ho dato al mondo per luce e vita delle genti, acciocché procuri loro la salute ch'io stimo tanto come se fosse la salute mia. Bisogna dunque che tutto t'impieghi in beneficio degli uomini. Totus illi datus, totus in suos usus impenderis (S. Bernardo, serm. 3, in Circ.).1 Bisogna però che nascendo tu patisca un'estrema povertà, acciocché l'uomo diventi ricco, ut tua inopia dites.2 Bisogna che sii venduto come schiavo per acquistare all'uomo la libertà; e che come schiavo sii flagellato e crocifisso, per soddisfare alla mia giustizia la pena dall'uomo dovuta; bisogna che dia il sangue e la vita per liberare l'uomo dalla morte eterna. In somma sappi che non sei più tuo, ma sei dell'uomo. Parvulus... natus est nobis, [et] Filius datus est nobis (Is. IX, 6). Cosi, Figlio mio diletto, l'uomo si arrenderà ad amarmi e ad esser mio, vedendo ch'io gli dono tutto te, mio Unigenito, e che non mi resta più che dargli.
Sic... Deus - o amore infinito, degno solamente d'un Dio infinito - sic... Deus dilexit mundum, ut Filium suum unigenitum

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daret (Io. III, 16). A questa proposta Gesù bambino non già si attrista, ma se ne compiace, l'accetta con amore ed esulta. Exsultavit ut gigas ad currendam viam (Ps. XVIII, 6). E dal primo punto della sua Incarnazione egli ancora si dona tutto all'uomo ed abbraccia con piacere tutti i dolori e le ignominie che deve soffrire in terra per amore dell'uomo. Questi furono, dice S. Bernardo, i monti e le colline che dovè con tanti stenti passare Gesù Cristo, per salvare gli uomini: Ecce iste venit saliens in montibus, transiliens colles (Cant. II, 8).3 - Pondera qui che il divin Padre mandando il Figlio ad esser nostr o Redentore e paciere tra esso e gli uomini,si è obbligato in certo modo a perdonarci ed amarci per ragion del patto di ricevere noi nella sua grazia, posto che 'l Figlio soddisfaccia per noi la sua divina giustizia. All'incontro il divin Verbo, avendo accettata la commissione del Padre, il quale, mandandolo a redimerci, a noi lo donava, egli anche si è obbligato ad amarci, non già per nostro merito, ma per eseguire la pietosa volontà del Padre.

Affetti e preghiere.
Caro mio Gesù, s'è vero - come dice la legge - che colla donazione si acquista il dominio; giacché il vostro Padre vi ha donato a me, voi siete mio; per me siete nato, a me siete stato datoParvulus... natus est nobis, [et] Filius datus est nobis. Dunque ben posso dire: Iesus meus et omnia. Giacché voi siete mio, tutte le cose vostre ancora son mie. Me ne assicura il vostro Apostolo: Quomodo non etiam cum illo omnia nobis donavit? (Rom. VIII, 32). Mio è il vostro sangue, miei sono i vostri meriti, mia è la vostra grazia, mio è il vostro paradiso. E se voi siete mio, chi mai potrà togliervi da me? Deum a me tollere nemo potest, così diceva con giubilo S. Antonio abbate.4

- 182 -

Così da oggi avanti voglio andar dicendo ancor io. Solamente per mia colpa io posso perdervi e separarmi da voi; ma io, o Gesù mio, se per lo passato vi ho lasciato e v'ho perduto, ora me ne pento con tutta l'anima, e sto risoluto di perdere la vita e tutto, prima che perdere voi, bene infinito ed unico amore dell'anima mia.
Vi ringrazio, o Eterno Padre, di avermi donato il vostro Figlio; e giacché voi l'avete donato tutto a me, io miserabile mi dono tutto a voi. Per amore di questo medesimo Figlio, voi accettatemi e stringetemi co' lacci d'amore a questo mio Redentore; ma stringetemi tanto ch'io possa ancora direQuis me separabit a caritate Christi?5 Qual bene mai del mondo avrà più da separarmi da Gesù Cristo mio? E voi mio Salvatore, se siete tutto mio, sappiate ch'io son tutto vostro. Disponete di me e di tutte le mie cose come vi piace. E come posso negar niente a un Dio che non mi ha negato il sangue e la vita?
Maria, madre mia, custoditemi voi colla vostra protezione. Io non voglio esser più mio, voglio essere tutto del mio Signore. Voi pensate a rendermi fedele; in voi confido.

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quarta-feira, 16 de abril de 2014

S. Alfonso Maria de Liguori: Considerazioni ed affetti sovra la Passione di Gesù Cristo

+  Portraits of St. Alphonsus  +
S. Alfonso Maria de Liguori
Considerazioni ed affetti
sovra la Passione di Gesù Cristo

Esposta semplicemente secondo la descrivono i Sagri Vangelisti

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INTRODUZIONE

Dice S. Agostino non esservi cosa più utile ad acquistar la salute eterna quanto il pensare ogni giorno alle pene che Gesù Cristo ha patito per nostro amore: Nihil tam salutiferum, quam quotidie cogitare quanta pro nobis pertulit Deus Homo. 1 E prima scrisse Origene che non può certamente regnare il peccato in quell'anima che spesso considera la morte del suo Salvatore: Certum est, quia ubi mors Christi animo circumfertur, non potest regnare peccatum. 2 Rivelò inoltre il Signore ad un santo solitario, non esservi esercizio più atto ad accendere in un cuore l'amor divino che il meditare la Passione del nostro Redentore. 3 Quindi dicea il P. Baldassarre



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Alvarez che l'ignoranza de' tesori che noi abbiamo in Gesù appassionato era la rovina de' Cristiani: ond'egli diceva poi a' suoi penitenti che non pensassero d'aver fatto cosa alcuna, se non giungeano a tener sempre fisso nel cuore Gesù crocifisso. 4

Le piaghe di Gesù Cristo, dicea S. Bonaventura, son piaghe che impiagano i cuori più duri ed infiammano le anime più gelate: O vulnera, così egli esclamava, corda saxea vulnerantia et mentes congelatas inflammantia! 5

Posto ciò, saggiamente scrive un dotto autore (P. Croiset sopra le Dom. tom. 3) che nulla meglio ci scovre i tesori che son rinchiusi nella Passione di Gesù Cristo, quanto la semplice storia della sua stessa Passione. Basta ad un'anima fedele, per infiammarsi nel divino amore, solamente il considerar la narrazione che ne fanno i sagri Vangeli e vedere con occhio cristiano tutto quel che il Salvatore ha sofferto ne' tre principali teatri di sua Passione, cioè nell'orto degli ulivi, nella città di Gerusalemme, e sovra il monte Calvario. 6

Son belle e buone le tante contemplazioni che sulla Passione hanno fatte e scritte gli autori divoti; ma certamente fa più impressione ad un cristiano una sola parola delle sagre Scritture che cento e mille contemplazioni e rivelazioni che si scrivono fatte ad alcune persone divote; mentre le Scritture ci assicurano che tutto ciò ch'esse ci attestano è certo con certezza di fede divina. Ed a tal fine io ho voluto qui a beneficio

e consolazione delle anime innamorate di Gesù Cristo mettere



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in ordine e riferir semplicemente, con aggiungervi solo alcune brevi riflessioni ed affetti, quel che ci dicono della Passione di Gesù Cristo i sagri Vangelisti, i quali ben ci somministrano materia da meditare per cento e mille anni, e da infiammarci insieme di santa carità verso il nostro amantissimo Redentore.


domingo, 14 de julho de 2013

S. Alfonso Maria de Liguori, Del sacrificio di Gesù Cristo

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DEL SACRIFICIO DI GESÙ CRISTO

8. Il sacrificio del nostro Salvatore, come di sopra si è detto, è stato il sacrificio perfetto, di cui i sacrifici dell'antico testamento non sono stati che segni e figure imperfette, chiamate dall'Apostolo infirma et egena elementa (Gal. IV, 9). Il sacrificio operato da Gesù Cristo egli è stato compiuto per tutte le cinque, o sieno condizioni mentovate poc'anzi di sopra. La prima parte della santificazione, o sia della consagrazione della vittima, questa si fece nell'Incarnazione del Verbo dal medesimo Padre, come parla S. Giovanni: Quem Pater sanctificavit (Io. X, 36). E perciò l'angelo nell'annunziare alla B. Vergine l'elezione di lei fatta per Madre del Figlio di Dio, disse: Quod nascetur ex te sanctum, vocabitur Filius Dei (Luc. I, 35). Sicché questa vittima divina che doveva esser sagrificata per la salute del mondo, allorché nacque da Maria, già era stata da Dio santificata; poiché sin dal primo momento in cui l'Eterno Verbo assunse corpo umano, fu quello consacrato a Dio per esser la vittima del gran sacrificio, che poi dovea consumarsi nella croce per la salute degli uomini. Quindi lo stesso nostro Redentore disse allora: Corpus autem aptasti mihi... ut faciam, Deus, voluntatem tuam (Hebr. X, 5 et 7).

9. La seconda parte dell'oblazione ella si fece nello stesso punto dell'Incarnazione, in cui Gesù Cristo volontariamente si offerì a soddisfare per le colpe degli uomini. Vide egli allora che la divina giustizia non potea restar soddisfatta da tutti gli antichi sacrifici e da tutte le opere degli uomini; ond'egli si offerì a pagare per tutti i peccati del genere umano, ed allora disse: Quia hostias et oblationes et holocautomata pro peccato noluisti... tunc dixi: Ecce venio, ut faciam, Deus, voluntatem tuam (Hebr. X, 8 et 9). Soggiunge l'Apostolo: In qua voluntate



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sanctificati sumus per oblationem corporis Iesu Christi semel (Ibid. n. 10). Si notino queste parole: In qua sanctificati sumus per oblationem, etc. Il peccato avea renduti gli uomini tutti indegni di essere offerti a Dio ed indegni di essere accettati da Dio; e perciò fu necessario che Gesù Cristo, offerendo se stesso per noi, ci santificasse colla sua grazia e ci rendesse degni di esser ricevuti da Dio.

10. Questa oblazione non però che allora fe' Gesù Cristo, non terminò in quel tempo, ma da allora cominciò, e dura e durerà in eterno; imperocché, sebbene ella a tempo dell'Anticristo cesserà nella terra, cessando il sacrificio della Messa per 1290 giorni -che importano tre anni, e sei mesi e mezzo -come tutto sta espresso in Daniele: Et a tempore cum ablatum fuerit iuge sacrificium, et posita fuerit abominatio in desolatione, dies mille ducenti nonaginta (Dan. XII, 11); nondimeno il sacrificio di Gesù Cristo non mai cesserà, poiché Gesù Cristo non cesserà mai di offerirsi al Padre con una oblazione eterna, essendo egli stesso il sacerdote e la vittima, ma vittima eterna e sacerdote eterno, non già secondo l'ordine di Aronne, il cui sacerdozio e sacrificio furono temporali ed imperfetti, non bastanti a placar lo sdegno divino contra l'uomo ribelle; ma secondo l'ordine di Melchisedech, siccome predisse Davide: Tu es sacerdos in aeternum secundum ordinem Melchisedech (Ps. CIX, v. 4). Sicché il sacerdozio di Gesù Cristo sarà eterno, mentr'egli sempre continuerà nel cielo dopo la fine del mondo ad offerire quella stessa vittima che un giorno gli sacrificò sulla croce per la di lui gloria e per la salute degli uomini.

11. La terza parte del sacrificio, ch'è l'immolazione o sia l'uccisione della vittima, questo già si adempì colla morte del nostro Salvatore sulla croce. -Restano ora a verificarsi nel sacrificio di Gesù Cristo le due altre parti richieste a compire un sacrificio perfetto, cioè la consumazione della vittima e la partecipazione di quella. Parlando intanto della quarta parte del sacrificio, ch'è la consumazione della vittima, si dimanda quale sia stata questa consumazione, mentre il corpo di Gesù Cristo nella morte restò bensì separato dall'anima sua santissima, ma non restò consumato e distrutto.

12. L'autore anonimo di sopra in principio mentovato dice che questa consumazione della vittima si adempì per mezzo della risurrezione del Signore, poiché allora il suo sacrosanto



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corpo restò spogliato di tutto il terreno e mortale, e fu vestito della divina gloria.3 E dice che questa fu quella chiarezza che Gesù domandò al Padre prima di andare alla morte: Et nunc clarifica me tu, Pater, apud temetipsum claritate, quam habui priusquam mundus esset apud te (Io. XVII, 5). Questa chiarezza Gesù non la chiedea per la sua divinità, perché già la possedea sino ab eterno come Verbo eguale al Padre, ma la chiedea per la sua umanità; e questa ottenne nella sua risurrezione, per cui rientrò in certo modo nella sua gloria divina.4

13. Così ancora lo stesso autore parlando della quinta parte della partecipazione, o sia comunione della vittima, dice che questa comunione si adempisce parimente in cielo per ragione che i beati partecipano tutti della vittima che Gesù Cristo in cielo continuamente offerisce a Dio, offerendo se stesso.5

14. Queste due riflessioni dell'autore per ispiegare le restanti due parti del sacrificio di Gesù Cristo, elle son dotte ed ingegnose; ma io per me stimo che queste due parti della consumazione e della comunione ben si adempiscono chiaramente nel sacrificio eucaristico dell'altare, il quale, come ha dichiarato il Concilio di Trento, è lo stesso di quello della croce: mentre il sacrificio della Messa istituito dal Salvatore avanti la sua morte è una continuazione del sacrificio della croce, affinché il prezzo del suo sangue dato per la salute degli uomini sia a noi applicato col sacrificio dell'altare, in cui la vittima che si offerisce



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è la stessa di quella della croce, benché si offerisca senza sangue, a differenza della vittima che nella croce fu offerta col sangue. Ecco come parla il Concilio di Trento (Sess. XXII, cap. I): Is igitur Deus et Dominus noster, etsi semel seipsum in ara crucis, morte intercedente, Deo Patri oblaturus erat, ut aeternam illic Redemptionem operaretur; quia tamen per mortem sacerdotium eius extinguendum non erat, in caena novissima, qua nocte tradebatur, ut dilectae sponsae suae Ecclesiae relinqueret sacrificium, quo cruentum illud semel in cruce peragendum repraesentaretur, eiusque memoria in finem usque saeculi permaneret, atque illius salutaris virtus in remissionem eorum quae a nobis quotidie committuntur peccatorum applicaretur; sacerdotem secundum ordinem Melchisedech se in aeternum constitutum declarans, corpus et sanguinem suum sub speciebus panis et vini Deo Patri obtulit. Ac sub earumdem rerum symbolis apostolis, quos tunc novi Testamenti sacerdotes constituebat, ut sumerent, tradidit; et eiusdem eorumque in sacerdotio successoribus, ut offerrent praecepit per haec verba: Hoc facite in meam commemorationem: uti semper Catholica Ecclesia intellexit et docuit etc. Nel capo II poi dichiarò il Concilio che coll'oblazione di questo sacrificio il Signore placato concede le grazie e perdona i peccati; e ne assegna la ragione dicendo: Una enim eademque est hostia, idem nunc offerens sacerdotis ministerio, qui seipsum tunc in cruce obtulit, sola offerendi ratione diversa.

15. Sicché nel sacrificio della croce pagò Gesù Cristo il prezzo della nostra Redenzione; ma in quello poi dell'altare volle che si applicasse il frutto del prezzo dato, essendo egli lo stesso principale offerente dell'uno e dell'altro, che offerisce la stessa vittima, cioè lo stesso suo corpo e sangue, solamente con modo diverso, nella croce col sangue, nell'altare senza sangue. Quindi insegna il Catechismo Romano (Part. II, de Euchar., n. 78) che il sacrificio della Messa non solo giova a lodare Iddio, e ringraziarlo dei doni che ci dispensa, ma ch'è vero sacrificio propiziatorio, per cui il Signore perdona le colpe, e concede le grazie.6 E perciò la S. Chiesa (Dominica IX



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post Pentec.) prega così: Quoties huius hostiae commemoratio celebratur, toties opus nostrae Redemptionis exercetur;7 poiché appunto il frutto della morte di Gesù Cristo si applica a noi col sacrificio dell'altare.

16. Ed ecco che nel sacrificio della Messa, oltre delle tre altre parti che vi sono, della santificazione, dell'oblazione e dell'immolazione -che si fa misticamente nel consagrarsi divisamente il corpo dal sangue -oltre, dico, di queste tre parti, che furono le parti essenziali del sacrificio della croce, vi sono ancora le due altre parti, la consumazione, che si fa col calor naturale dello stomaco di coloro che si cibano dell'ostia consagrata, e la comunione o sia partecipazione della vittima, che si fa col distribuirsi il pane consagrato agli assistenti alla Messa; e così nel sacrificio dell'altare ben si vedono adempite tutte le cinque parti degli antichi sacrifici, che tutti eran segni e figure del gran sacrificio del nostro Salvatore.

Passiamo ora a spiegar le preghiere ordinate a recitarsi nel messale.