Testo
1. Quest'aggiunta del Sacrificio di Gesù Cristo confesso
averla tratta ed epilogata da un'opera di un dotto autor francese.1 L'opera è
alquanto piena e distesa; e perché può ella giovare non solo a' sacerdoti che
celebrano la Messa, ma anche ad ognuno che vi assiste, perciò ho procurato di
darne al pubblico
il seguente ristretto. Si è
detto del Sacrificio di Gesù Cristo,
perché quantunque da noi si distingue con diversi nomi, il sacrificio della
croce dal sacrificio dell'altare, non di meno in sostanza è lo stesso, poiché la
stessa è la vittima, e lo stesso è il sacerdote, che un giorno sagrificò se
stesso nella croce, e solamente la ragion di offerire è diversa; sicché il
sacrificio dell'altare è una continuazione o sia innovazione di quello della
croce, solo nel modo di offerire diverso.2
2. Di questo sacrificio del
nostro Redentore furono già figure tutti i sacrifici dell'antica legge, quali
erano di quattro sorte: pacifici,
eucaristici, espiatori ed impetratori. I sacrifici pacifici furono istituiti a rendere a
Dio l'onore dovuto di adorazione come supremo Signore del tutto, e di tal sorta
già erano gli olocausti. -Gli eucaristici
erano diretti a ringraziare il Signore di tutti i benefici a noi concessi.
-Gli espiatori furono ordinati ad
impetrare il perdono de' peccati. Questa sorta di sacrifici era poi specialmente
figurata nella festa dell'espiazione,
colla figura del capro emissario,
che veniva scacciato dal campo alla foresta, come carico di tutti i peccati
degli ebrei, per esser colà divorato dalle fiere; e questo sacrificio fu una
figura più espressa del sacrificio della croce, dove Gesù Cristo fu caricato di
tutti i peccati degli uomini, come predisse Isaia: Et posuit Dominus in eo iniquitates omnium nostrum (Is. LIII, 6). E fu
scacciato vituperosamente fuori di Gerusalemme, onde scrisse l'Apostolo: Exeamus igitur ad
eum extra castra, improperium
eius portantes
(Hebr. XIII, 13). E poi fu abbandonato alle fiere, si intende
a' Gentili, che lo crocifissero. -Finalmente i sacrifici impetratori erano ordinati affin di
ottenere da Dio gli aiuti e le sue grazie.
3. Or tutti questi sacrifici
non ebbero più luogo nella venuta del Redentore, poiché il solo sacrificio di
Gesù Cristo, che fu perfetto, a differenza degli antichi ch'erano tutti
imperfetti, bastò a soddisfare per tutti i peccati e ad impetrare agli uomini
tutte le grazie. Quindi entrando egli nel mondo, disse: Hostiam et oblationes noluisti, corpus autem aptasti mihi.
Holocautomata pro peccato non tibi placuerunt. Tunc dixi: Ecce venio: in capite
libri scriptum est de me: ut faciam, Deus, voluntatem tuam (Hebr. X, 5 ad
8). E così noi con offerire a Dio il sacrificio di Gesù Cristo veniamo a compire
tutti i nostri doveri, ed a riparare a tutti i nostri bisogni; e così insieme
veniamo a conservare un santo commercio fra noi e Dio.
4. In oltre bisogna intendere
che nell'antica legge a rispetto della vittima che dovea essere offerta a Dio,
richiedevansi cinque condizioni, per le quali ella rendeasi degna di Dio; e
queste erano la santificazione,
l'oblazione, l'immolazione, la consumazione e la participazione.
Per I. La vittima dovea esser
santificata, o sia consagrata a Dio,
affinché non gli fosse offerta una cosa non santa, e perciò indegna della sua
divina maestà. Pertanto l'animale destinato per vittima doveva essere esente da
ogni macchia o difetto, sicché non fosse né cieco, né zoppo, né debole, né
deforme, come tutto stava prescritto nel Deuteronomio (Cap. XV, n. 21). E con
ciò fu dinotato in primo luogo che tale sarebbe stato l'agnello divino di Dio
promesso, che doveva esser sacrificato per la salute del mondo, santo e libero
da ogni difetto. In secondo luogo con tal precetto fummo noi ammaestrati che le
nostre orazioni o altre opere sante, non sono degne di essere offerte a Dio, o
che non sono almeno pienamente da lui gradite, se sono macchiate da qualche
difetto. In oltre l'animale offerto al Signore non poteva essere applicato più a
qualche uso profano; ed era quello talmente riguardato come cosa a Dio
consacrata, che non potea toccarlo altri che il solo sacerdote della legge. Il
che dinota quanto dispiace a Dio che le persone a lui consacrate sieno senza
necessità precisa applicate
a negozi del secolo, e perciò
vivono poi distratti e negligenti negli affari di gloria di Dio.
5. Per II. La vittima doveva
essere offerta a Dio; il che faceasi
con alcune parole da Dio stesso prescritte.
Per III. Doveva la vittima
esser immolala o sia uccisa; ma
questa immolazione non si faceva in tutti i sacrifici colla morte; per esempio
il sacrificio de' pani di proposizione si
facea senza fuoco e senza ferro, ma solo col calore dello stomaco delle
persone che ne mangiavano.
6. Per IV. Dovea la vittima
esser consumata, il che faceasi col
fuoco; e perciò questo sacrificio chiamavasi infiammazione. Precisamente il
sacrificio dell'olocausto si facea sempre col fuoco, poiché con quella
consumazione della vittima si dava ad intendere il potere assoluto che ha Dio
sovra tutte le creature; e che siccome egli le ha tratte dal niente, così può di
nuovo al niente ridurle. E questo in verità è l'intento principale del
sacrificio, di riguardare Dio come un essere sovrano, talmente superiore ad ogni
cosa, che tutte le cose davanti a lui sono un nulla; poiché ogni cosa è inutile
a colui che in se stesso possiede il tutto. Il fumo poi che saliva diritto in
alto da questo sacrificio dinotava che Dio lo accettava in odore di soavità,
cioè con gradimento, come sta scritto del sacrificio di Noè; Noe... obtulit holocausta super altare,
odoratusque est Dominus odorem suavitatis (Gen. VIII, [20], 21).
7. Per V. Tutto il popolo anticamente insieme
col sacerdote dovea partecipar della vittima; e perciò, eccettuato quello
dell'olocausto, negli altri sacrifici la vittima si divideva in tre parti, una
al sacerdote, l'altra al popolo, la terza si dava al fuoco, come porzione
spettante a Dio, per la quale figuravasi ch'egli in tal modo comunicava con
tutti gli altri che partecipavano della vittima. Tutte queste cinque mentovate
condizioni ben si adempivano nel sacrificio dell'agnello pasquale, a riguardo
del quale il Signore ordinò a Mosè nell'Esodo (al cap. 12) che nel decimo giorno
della luna di quel mese, in cui aveva egli liberati gli ebrei dalla schiavitù di
Egitto, prendessero e separassero dalla greggia un agnello di un anno, che fosse
senza difetto e senza macchia. E questa separazione significava per 1, che
quella vittima restava consacrata a Dio. Per 2, a questa consagrazione succedeva
l'oblazione che si facea nel tempio, dove gli si presentava l'agnello. Per 3,
nel giorno 14
poi della luna succedea
l'immolazione con uccidersi l'agnello. Per 4, l'agnello si arrostiva, e poi si
divideva tra i partecipanti, e questa era la partecipazione o sia comunione. Per
5, dopo che l'agnello era stato mangiato da' partecipanti, gli avanzi si
consumavano nello stesso fuoco, e questa era finalmente la consumazione del
sacrificio.
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